La Visione Sistemica di Insieme

Più persone raggruppate a caso fra categorie di sesso, età, etnia, stato sociale, provenienza geografica ecc ecc se messe di fronte alla situazione di guardare la stessa immagine, lo stesso panorama, la stessa persona … altro … alla domanda “cosa vedi ? “ risponderebbero molto probabilmente in modo del tutto differente.
Anche quando dovessero rispondere “in che senso ? ” , ovvero chiedendo di specificare meglio la richiesta alla quale in modo un po’ evasivo gli si rispondesse “descrivi ciò che vedi “ beh, il risultato sarebbe sempre e comunque simile, cioè della diversità di osservazione. 

Ognuna di quelle persone adotterebbe il proprio “filtro di priorità” per offrire la propria descrizione, oppure il proprio livello di precisione, di ampiezza della comprensione interiore di quel concetto, ciò in funzione di una serie di variabili miste fra il doversi misurare/giustificare con la domanda, o magari per l’imbarazzo di non volersi sentire inadeguati.

Se ad esempio in questo momento siete in spiaggia e volete fare l’esperimento, vi sarà abbastanza facile reperire delle persone ed avere un panorama suggestivo, più o meno affollato, sono certo che sarà divertente fare questo gioco. 

Senza entrare nei dettagli delle infinite risposte possibili, brutalizzerò l’analisi  delle risposte in due macro categorie : 
A) quelli della visione del particolare   /   B) quelli della visione di insieme

A : Sono quelle persone che se hanno davanti a se un insieme di palline nere assieme ad una sola rossa vedranno subito la differenza, si concentreranno solo su quella, faranno ragionamenti interessanti ed articolati che guarderanno più al perché l’unica pallina è rossa senza tuttavia interessarsi al fatto che l’insieme risulta sostanzialmente composto da palline nere. Sono persone che si incaponiscono nel pensare che “la regola” non serve, è sempre una forzatura, poiché ci sono sempre delle variabili. Spesso queste persone pensano molto alla propria percezione e viaggiano “per esclusione” quindi non si ritengono parte di un meccanismo.

B : Queste altre persone sono persone che talvolta sono, e più probabilmente sembrano, un po’ imprecisi nel loro primo giudizio, vedono l’insieme delle palline nere ma non si interessano subito della pallina rossa, talvolta la ignorano del tutto considerandola un fastidio. La loro capacità è quella di una visione dall’alto, si vedono osservatori immersi ma ciononostante esterni del meccanismo che guardano nella sua interezza e cercano di orientarne gli sviluppi se la cosa li riguarda circa la responsabilità che si attribuiscono. Spesso si accontentano solo di godere del panorama percependosi un piccolo ingranaggio in un grande meccanismo ragionando più  “per inclusione”.

La  differenza comporta dei ragionamenti diversi che determinano diversi comportamenti di fronte alla stessa situazione. Chi sei tu, A o B ? La premessa fatta era che questo esercizio è un po’ una forzatura. Perché farlo ? Perché ritengo che in questi tempi moderni bisogna essere A+B , ovvero bisogna anzitutto avere la capacità  di vedere l’intero quadro nel quale ci si muove, e tuttavia è fondamentale sapere verticalizzare focalizzandoci sul singolo dettaglio che talvolta, in un mondo iper-connesso, determina tutto il resto in una dinamica  ad “affetto domino”.

Sapete perché accade ? Accade perché le stratificazioni sottili delle connessioni fanno si che ci stiamo metaforicamente spostando dalla meccanica all’elettronica o se preferite alla meccanica quantistica. In passato un ingranaggio di un’automobile poteva rompersi, aprivi il cofano cercavi un ricambio e sistemavi il tutto, oggi se rimani a piedi o sei un ingegnere elettronico oppure sei fregato, se un sensore non funziona bene l’automobile non parte più …ma magari ti ha salvato la vita. Non troppo tempo fa giravamo col pericolo costante di finire in un fosso oppure di saltare in aria. Esagero ? Non credo molto, semplicemente avevamo meno “coscienza” e meno tecnologia. Io non ho mai avuto l’obbligo di usare il casco per poter girare in motorino, e l’ho scampata bella quando una mattina di Maggio di circa trent’anni fa una signora ha pensato di ignorare uno stop.

Quello che studio sul campo da molti anni, incontrando imprenditori di diversa estrazione e tipologia, mi ha fatto capire che la maggior parte di questi non conosce la differenza fra essere un imprenditorie ed essere un artigiano. Sono entrambi da stimare ma, se è vero che l’artigianalità racconta di sé i grandi sacrifici dei quali la collettività beneficia, l’imprenditoria più pura spiega che la connessione con tutto il resto necessita di una attenzione spasmodica per stare al passo con gli scenari che mutano. I due mondi sono spessissimo collegati fra loro in logica di filiera, eppure hanno esigenze che non coincidono a meno che non adottino entrambi una : Visione Sistemica di Insieme.
Questa visione sistemica deve includere gli obblighi del tempo : etici e morali, di genere, sociali, ambientali, culturali, strategici, digitali, geo-politici, energetici, finanziari, generazionali … e probabilmente qualche altro spicchio del frutto del peccato originale che hanno deciso di mangiare, cioè il volere “fare di più”.

Il web non ha fatto altro che amplificare e velocizzare i processi già in corso. Cercando infatti di vedere prima (pre-vedere) gli scenari ai quali si va incontro, soddisfare  il bisogno conoscere in tempo reale informazioni e meta-dati oltre che previsioni fatte da algoritmi ed intelligenze nuove, tutto ciò fa prendere scelte differenti poiché la comprensione viene modificata. Altrettanto tuttavia fanno anche altri, in fine ciò può determinare una logica schizofrenica che, dalla razionalità sposta verso scelte inadeguate, dettate dallo stress e dalle paure anziché dalla ipotizzata programmazione.

La visione sistemica e di insieme, lo spiega  la stessa definizione, è un processo cognitivo di inclusione che guarda all’insieme, e lo fa in una ottica di sistema, ovvero che nutre e viene nutrita dalla capacità di relazionarsi con attori ed esigenze molto diverse tra loro.  È un po’ come il dovere essere in grado di parlare lingue diverse, con diversi interlocutori, durante una riunione nella quale ognuno ha fretta di dire la propria e vuole essere ascoltato per il proprio impellente e personalissimo bisogno che deve risolvere quanto prima.

Mi occupo di consulenza strategico-cognitiva, chiedimi come fare per ….

– Alessio Micheli


Effetti In-Desiderati

Libri :

“Vita di Pi” di Yann Martel
“B/REL3” di Alessio Micheli
“Le avventure di Arthur Gordon Pym“ (incompiuto) di Edgar Allan Poe

Films :  

“Sliding Doors” di Peter Howitt
“Operazione Valchiria” di Bryan Singer
“Wall Street – Il Denaro Non Dorme Mai” di Oliver Stone

Web :  

Linkiesta.it (del 28/7/17)
siamodemoda.wordpress.com (del 10/05/2017)

Commento : 

“Il famoso attore Antony Hopkins aveva assolutamente bisogno del libro scritto da George Feifer per poter interpretare il suo personaggio in “La ragazza di Via Petrovka”. Cercò in qualsiasi libreria ed alla fine lo trovò per caso in un parco su una panchina. Un giorno i due si conobbero e lo scrittore disse che nemmeno lui era in possesso di una copia del libro e che l’ultima che aveva se l’era dimenticata in un parco.”

Spesso accade che i nostri migliori propositi non bastano per ottenere quanto avevamo previsto, abbiamo un impulso, magari un obbiettivo e se siamo bravi, o fortunati, il nostro obbiettivo è chiaro davanti ai nostri occhi, lo vediamo bene e sappiamo almeno in via intuitiva che lo otterremo. Poi può accadere davvero di tutto, ci imbarchiamo in questa nuova avventura ed il cammino segue dei passaggi imprevedibili, sicuramente ci sarà qualche difficoltà imprevista, non di rado anche una grande sorpresa a nostro favore proprio quando stavamo per arrenderci.
Il training sportivo di alto livello sta via via insegnando agli atleti che le competizioni si vincono prima ancora che con la performance corporea nella propria testa, fanno esercizi di prefigurazione per fare una corsa, percorrere un circuito, anche una partita di sport collettivo che però ha molte più variabili poiché gli attori in campo sono tanti, differenti tra loro, ed il tempo dell’evento è molto più lungo. Durante la competizione accadono molte cose incredibili sia in un senso che nell’altro, basti pensare agli ultimi mesi nei quali è accaduto che la squadra di calcio del Barcellona ha ribaltato il risultato dell’andata dei quarti di finale di Champions League, quando ormai in svantaggio di quattro goal, è riuscita nella storica impresa di vincere e passare il turno facendo sei goal agli avversari del PSG durante la partita di ritorno, e ciononostante il turno successivo ha però poi perso prendendo tre goal dalla Juventus che, diventata in quel momento la probabile favorita del torneo, ha invece poi perso in modo eclatante la finale di coppa con il solito Real Madrid.
Alle Olimpiadi il re della corsa giamaicano Usein Bolt, dichiarato ormai l’uomo più veloce del pianeta ha invece finito zoppicante la sua ultima gara mentre tutti già lo vedevano per un’altra volta sul podio più alto. E ancora, la famosa nuotatrice connazionale Federica Pellegrini che, inaspettatamente anche per se stessa, ha invece trionfato vincendo ancora una volta l’oro olimpico….e via così, questi sono solo alcuni dei recenti grandi avvenimenti sportivi dagli esiti inaspettati.

Comunque sia, anche se è fondamentale prepararsi a tutti i livelli, le cose non vanno quasi mai esattamente come le avevamo organizzate a tutta prima nella nostra mente.
Quindi, se sei Antony Hopkins e stai cercando un libro non c’è problema, ma se ti chiami Richard Parker non fare troppi viaggi sulle imbarcazioni!! … è un consiglio da amico …

Ci piace sfidare i nostri limiti, è una cosa che ci appartiene da sempre e continuerà a spingerci sempre oltre il già conosciuto, dicono che presto potremo arrivare su Marte, e ci sembra già scontato che accada, dopo avere visto ripetutamente, anche solo nei film, per venti-trent’anni questi scenari predittivi siamo in qualche modo capaci di realizzare quello che per prima cosa è stata solo un’idea, un azzardo della mente, un rischio irrazionale.

“Non doveva finire così. Il gioco del Monopoli, che nella sua forma attuale traduce – anzi, celebra – i vizi del capitalismo arruffone e del land-grabbing, era nato con tutt’altro scopo. Doveva far comprendere ai giocatori i benefici di una tassazione giusta, dalla quale tutta la comunità avrebbe tratto giovamento. Questa storia alternativa viene ritrovata da The Atlantic, che in un interessante articolo racconta la vita e le idee di Elizabeth Magie, la prima e vera ideatrice del gioco. Controcorrente, ribelle e femminista, Elizabeth Magie (nata nel 1866) era un personaggio notevole della sua epoca. Aveva già fatto parlare di sé per un annuncio pubblicitario shock, in cui si offriva come “giovane schiava americana”, e denunciava la condizione subordinata della donna nella società. Ma le sue battaglie, che non comprendevano il genere delle parole ma solo quelle delle persone, erano comunque a più ampio raggio. Ad esempio, riguardavano il sempre più potente sistema capitalista della proprietà.
Ispirata dal volume del pensatore ed economista americano Henry George, – Progress and Poverty -, in cui veniva predicato che “il diritto uguale di tutti gli uomini di usare la terra è evidente come quello, uguale, di respirare l’aria: è rivendicato dal fatto della sua stessa esistenza”. Ma, come aveva notato lo scrittore nei suoi viaggi, la sua idea era ben lontana dalla realtà: la distribuzione della terra era iniqua e, di conseguenza, ne sarebbe stata la ricchezza personale. E allora, quale soluzione si poteva adottare? Semplice: tassarla. Il ragionamento era semplice: il valore di una terra non è dato solo da ciò che viene costruito sopra, ma dalla sua ricchezza naturale e “sociale”, relativo cioè a tutto quello che esiste intorno. Case, scuole, economie più o meno funzionanti. Tassare la terra sarebbe stato necessario perché sarebbe finito a vantaggio di tutti. Ed è qui che Elizabeth ha la sua idea geniale: usare un gioco da tavolo per far capire a tutti i vantaggi della ricchezza condivisa. Per la prima volta viene pensato secondo un percorso, che i diversi partecipanti devono seguire, inframmezzato di terre e costruzioni, dazi e multe. Magie (e questo non si sa) fornisce due sistemi di regole: il primo, chiamato “Prosperity”, prevedeva che, ogni volta che un giocatore avesse acquisito una nuova proprietà, anche tutti gli altri guadagnassero qualcosa. Era l’effetto pratico della tassazione del valore delle terre e della redistribuzione della ricchezza. Il gioco sarebbe finito (e vinto da tutti) quando il giocatore che partiva con la somma di denaro minore avesse raddoppiato la sua ricchezza. Il secondo sistema, chiamato “Monopolist”, era più o meno come il Monopoli moderno: i giocatori si accaparravano terre, costruivano servizi e si prendevano i guadagni da chi ci passava sopra. Il vincitore era chi riusciva a mandare in bancarotta gli altri. Di fronte ai due sistemi di gioco, sperava Magie, le persone avrebbero compreso, come grazie a una dimostrazione pratica, come due diversi tipi di società (oltre che di gioco) fossero possibili. E come il primo, cioè il “Prosperity”, fosse da preferire. “Potrebbe essere chiamato Il gioco della vita, perché sono presenti tutti gli elementi che determinano il successo e il fallimento nel mondo reale. E l’obiettivo è lo stesso che si pone la specie umana in generale, cioè l’accumulazione di ricchezza”.
Come poi si sia imposto solo un sistema di regole è frutto/colpa del successo del gioco. Venne ceduto, in uno dei suoi adattamenti, da un uomo disoccupato – Charles Darrow – all’azienda di giochi Parker Brothers, spacciandolo come suo. Come è ovvio, grazie ai diritti delle vendite Darrow divenne miliardario. Fu, in un certo senso, un colpo ironico della storia. E la dimostrazione reale, concreta, evidente, che il sistema “Monopolist” sia molto più forte del “Prosperity”…

Mi occupo di rilancio personale ed aziendale, di pianificazione attraverso il format “9TM” – The Nine Times Management – chiedimi come fare per ….
– Alessio Micheli